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Visualizzazione dei post da giugno, 2015

FOTOGRAFO PADRE

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Percival (2015) Crescere i miei figli mi ha dato l'opportunità di sviluppare molte tecniche di ripresa in mezzo ai bambini, conoscere location come i parchi, le altalene e gli scivoli, immergermi nelle feste di compleanno e nelle camerette invase dai giocattoli. Per un amatore credo sia un percorso quasi scontato, ma oltremodo necessario. I risultati sono sempre molto gratificanti, sia dal punto di vista emotivo che da quello prettamente didattico. Testimoniare la crescita dei propri figli attraverso un percorso creativo è semplicemente meraviglioso, un work in progress che non mi stancherà mai. Quando la vita ti offre l'opportunità di combinare passioni, amori e doveri, non bisogna lasciarcela sfuggire. I miei figli mi hanno insegnato anche questo. Nel corso dell'ultimo decennio ho collezionato migliaia di foto dei miei bimbi, tuttavia riescono ancora a stupirmi, ed io riesco ancora a stupire me stesso. Forse per un sorriso nuovo, un profilo sfuggente, uno sguardo d

DAL MOMENTO DECISIVO A QUELLO SFUGGENTE

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Lisbona - Torre di Belem (2015) Mi chiedo se l'approccio pacifico del "testimone" possa trasferirsi nell'immagine evocando un proprio stile. Se la foto trasmette al pubblico la stessa sensazione con cui è stata registrata, al di là dei soggetti e degli argomenti trattati, cioè uno stato di serenità, armonia e soprattutto presenza, allora credo possa davvero garantire uno stile. Di sicuro sarà un coefficiente da tenere in considerazione, non solo durante l'atto fotografico ma anche nel susseguente processo di fruizione. L'occhio del fotografo raramente riposa. Ritaglia immagini del vero collezionando false testimonianze del presente. La foto è senz'altro un esempio calzante se si vuole descrivere il momento, eppure si tratta sempre di un momento innaturalmente congelato. Un momento sfuggente che è mero surrogato della realtà, perché per quanto ci si sforzi, lo stato di presenza che è la causa del "momento" non potrà mai essere descritto ne

TRA IL GUARDARE E IL GUARDATO

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Amsterdam - Pedone (2009) La fotografia di strada nell'era del social è terreno fertile per scomodi equivoci. Non è mai l'immagine che ferisce, né tanto meno il fotografo che è alla nobile ricerca del bello, ma è il soggetto stesso che, sicuro di essere l'unico e il solo proprietario del proprio "io", si auto censura. La mia fotografia non si arrischia quasi mai in questi territori, perché il conflitto è l'esatto opposto di ciò che cerco. Internet, fagocitando immagini come un dio alieno, ci ha reso simili a quelle leggendarie popolazioni indigene convinte che una macchina fotografica potesse rubarli l'anima.  Mi aggiro così tra la gente, abbandonando le spoglie di cacciatore di immagini per indossare le vesti di un sacerdote del testimoniato, in un gioco di rappresentazioni che mi fa un po' sorridere. Troppa concettualizzazione può fuorviare... Alla fine quel che conta è guardare, e felicitarsi nel farlo bene. Perché il guardare e il guard

SPECCHIO PER LE ALLODOLE

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Lisbona - Uomo sulla panchina (2015) La fotografia parlata in cambio di uno tsunami di immagini. Ridurre all'osso la selezione per esplorare a parole il luogo da dove tutto questo nasce. Ho un rapporto particolare con quasi tutte le mie foto: le trovo indiscriminatamente significative ma superflue. Alcune stanno in piedi da sole, ma la maggior parte hanno un senso solo quando fanno parte di un flusso. Il viaggio, sia come metafora che come evento vero e proprio, è spesso il tema principale che perseguo. La luce è un optional che non sempre posso permettermi. La lascio volutamente al caso, ma fa parte dell'atteggiamento di accettazione che è alla base della disciplina spirituale orientale. Il controllo è uno specchio per le allodole. Chi ha davvero controllo? Il muscolo del dito indice sul tasto di scatto o l'occhio attaccato al mirino? Gli eventi cercati o quelli accaduti? La formazione tecnica e culturale o l'innata abilità del saper rompere le regole? Sia come s

FASI DI UNA PREGHIERA CREATIVA

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Medina di Malta - Albero Torto (2014) C'è l'atto fotografico, il lento e piacevole errare con la macchina al collo (anzi stretta nella mano destra), il curioso guardare ritagliando ogni scena ad un rettangolo nella tua testa, la ricerca dei soggetti, degli sfondi, dei colori, dei protagonisti, un felice e profondo coinvolgimento con la scena. E' una sorta di contemplazione liturgica, un rispettoso omaggio al testimoniato. E' senza dubbio l'atto creativo più alto. In realtà potrebbe anche accadere senza scheda di memoria, cliccando liberamente senza bisogno di conservare la preda, e forse lasciare libera l'immagine è tutto quello che resterebbe da fare... o forse no. Tornare a quei luoghi, a quelle scene, nel salotto di casa tua, e guardare tutto da un nuovo punto di vista, quello tecnico, quello condizionato dalle regole dei piani aurei, dai tagli e dalle infinite possibilità della post produzione. Un nuovo modo di esprimere la propria creatività, forse me

INIZIO

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Dal treno, verso Budapest (2014)  Diciamo che è un ritorno al viaggio della creatività, anche se le definizioni mi interessano poco. C'è però bisogno di una spiegazione, che come una matita unisca i punti numerati di un disegno. Più i due numeri corrispondenti distano l'uno dall'altro, più la mano deve rimanere ferma, e allora cerchiamo di rispondere al perché ho sentito il bisogno, dopo oltre due anni di stop, di tornare ad esprimermi come facevo un tempo. C'è stata la calma dopo la tempesta, la necessità di abbandonare le antiche spoglie e ricercare la mia vera natura, che inevitabilmente passa per l'annientamento dell'ego. Continuare a celebrarlo attraverso le quotidiane espressioni comunicative che avevo allestito mi è sembrato davvero inutile. Ero totalmente impegnato in una ricerca interiore, e non volevo distrazioni. Sono passati due anni, quasi tre, e credo di essere giunto al punto in cui mi sento finalmente in grado tornare ad esprimermi tenendo