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Visualizzazione dei post da settembre, 2016

NON-FINALITA'

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Spiaggia - Zuid Holland (2016) All'inizio ero quasi ossessionato dal capire le ragioni del mio fotografare, il perché di quell'atto in sé. Ogni volta che puntavo l'obbiettivo su qualcosa o qualcuno questa domanda tornava a pervadermi, per guidare la mia mano, assecondare il mio occhio e riempire il mio cuore. Ma col tempo me la sono lasciata alle spalle, liberandomi finalmente dal vincolo domanda-risposta. Poiché solo chi è vestito di conoscenza può spogliarsi di questa. Quindi c'è la foto ma non c'è il pensiero. L'immagine viene acquisita attraverso un gesto privo di finalità, possiamo dire "spontaneo". Avrei potuto anche non cliccare. L'esistenza stessa della fotografia diventa irrilevante, almeno che non partecipi ad un gioco con regole ben precise, dettate dai flussi di pensieri altrui. Un gesto che è fine a se stesso.  Così come il guardare... ...ed il vivere.

INAFFERRABILE IO

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Selfie (2016) L'"Io" inafferrabile, immaginato dal pensiero, emanato da quello stesso "Io", che come in un autoritratto cerca disperatamente la sua identità sfuggente. Puerile ma forse necessario lo sforzo di vedersi come entità separata da chi percepisce, un affascinante gioco di specchi di natura ingannevole. E così ci illudiamo di poterci riconoscere in un selfie, lo usiamo per rappresentarci, immagine-marionetta del nostro teatrino quotidiano. Perché il dualismo è vincolato alle dinamiche del mondo. Il dualismo è movimento, e nel movimento c'è vita. E oltre la vita c'è il silenzio immutabile, quello interiore ed assoluto che a me piace chiamare "casa". Quello irraggiungibile perché non soggetto ad alcuna distanza. Perché è sempre qui e sempre adesso.

L'UOMO AL CENTRO

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Dublino - Seduto accanto a Joyce (2015) Non si rubano le immagini, non si depredano le anime, non si viola la privacy... Ritratto oppure Street, l'uomo rimane al centro come referente, protagonista del nostro rapportarci.  Ci riconosciamo in quell'istante grazie a un'immedesimazione spontanea, l'innata sensazione di essere uniti dalla medesima forza, chiamarla spirito o consapevolezza poco importa. Noi sappiamo e sappiamo che anche le comparse dentro all'immagine sanno. C'è un sapere e un percepire unito, prima dell'elaborazione cerebrale che traduce ogni esperienza in un qualcosa di unico. Ma all'origine ci siamo "noi" come una cosa sola. Ricordo di avere scattato almeno tre fotogrammi in questa occasione. L'uomo non faceva per niente caso alla mia presenza. C'era solo un unico movimento di persone e di intenti. 

SCEGLIERE NON SCEGLIERE

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Casse sotto un ponte (2014) La scelta può originare tensione. Scegliere di non fotografare come atto di ribellione alla pratica di massa può portare ad un conflitto interiore. Si può continuare a scattare senza un fine preciso, ma anche questo potrebbe diventare uno scopo ossessivo e creare resistenza, attrito. L'azione naturale è la via più sicura, il normale accadere della pratica fotografica, come ricerca estetica o strumento di cronaca. Esiste forse uno scopo più meritevole di un altro oltre l'ambizioso gioco del divenire? Ammucchiamo pretesti per sentirci più nobili, come casse di materiali da costruzione impilate vicino ad un cantiere, perché ci è stato detto che costruire è l'unica via per lasciare traccia di noi. Spesso le idee diventano più pesanti dei blocchi di cemento, tanto che neanche un caterpillar riuscirebbe a rimuoverle.  

FOTOGRAFIA SENZA SFORZO

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Gozo - Angolo di una Strada (2014) La pratica della fotografia popolare avviene attraverso un atto privo di sforzo, la leggera pressione del dito sul tasto di una macchina fotografica, e grazie alla tecnologia questo rituale sta diventando sempre più alla portata di tutti. Questo è senz'altro il motivo per cui la notorietà di questo linguaggio è cresciuta visibilmente negli ultimi anni. La possibilità di acquisire delle immagini grazie a un semplice gesto, seguendo l'automatismo del "punta e clicca", ci permette di sprigionare energia creativa in uno stato di "non-sforzo", che è lo stato naturale del vivere. Si tratta di una condizione di non-divenire, di accettazione dell'immutabile, totalmente immune alle influenze esterne. Accettando il gioco dell'ego, si possono costruire castelli di pensieri per giustificare la nostra pratica creativa. Il gesto diventa "sforzo-consapevole", vincolato da uno scopo puramente ludico, e di conseguen