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Visualizzazione dei post da marzo, 2019

RINASCITA

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Vianen (2018) C'è una differenza precisa tra il cambiare e il rinascere (o risvegliarsi). Il cambiamento avviene sempre tra due stati apparentemente diversi del medesimo paradigma. Posso indossare un vestito nuovo, ma sarà sempre un vestito. Questo cambiamento ha solo a che vedere col vestirsi. Nel risveglio (o rinascita) ecco che siamo come nuovi. Si sono sradicati i paradigmi essenziali sui quali abbiamo appoggiato tutto il nostro pensiero, che abbiamo sempre scambiato per la vita ed il mondo. Associare il risveglio spirituale all'attività creativa presuppone l'annientamento dei paradigmi competitivi e gerarchici di questa società, per poter finalmente rinascere liberi da queste forzature del pensiero. Perciò quando parlo di spiritualità e fotografia insieme, o più generalmente di mindful-photography, non auspico una modalità da poter indossare come un vestito nuovo. Non è un cambio di approccio, di stile o di tecnica. È una rinascita. È un risveglio alla realt

ASPETTI DEL POST-FOTOGRAFICO

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Budapest (2018) Un altro aspetto che accomuna il post-fotografico con la fotografia mindful sembra essere l'atteggiamento del raccoglitore d'immagini, anche se nella post-fotografia si attinge perlopiù da collezioni di altri autori o da sorgenti neutre come le videocamere di sorveglianza. Si soddisfa così una necessità concettuale, mentre la fotografia mindful rifiuta il pensiero e si sofferma essenzialmente sullo stato di presenza durante il processo creativo.

UNA POSSIBILITA' POST-FOTOGRAFICA

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Vianen (2018) Nell'era della post-fotografia, quando la ricerca non è progettuale ma è rivolta alla fotografia stessa nell'intento di conoscerla o rivelarla, le immagini rimangono ai margini. Acquisire una foto di qualità e significato è inutile, perché internet ne è pieno. Ma queste belle immagini sono come palloncini sgonfi; bisogna riempirle di significato per poterle fare volare.  Le mie immagini, se non fossero accompagnate da queste didascalie, non potrebbero da sole raggiungere il significato che cerco. Il mio promuovere una fotografia non pensata, non competitiva, una pratica meditativa del vedere che lascia tracce testimonianti, passa necessariamente attraverso la parola. Forse anche questa può essere considerata post-fotografia. 

LA FOTOGRAFIA CHE SI OSSERVA

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Budapest (2018) La fotografia cerca da sempre di conoscere se stessa attraverso un tipo di auto-osservazione che ricorda le pratiche spirituali. I mistici però ci hanno insegnato che è impossibile oggettivare la nostra soggettività. L'occhio che tutto vede non può vedere se stesso, così bisogna andare per negazioni (ne-ti ne-ti).  Mi chiedo se questo paradigma possa valere anche in fotografia. Forse questo spiegherebbe il motivo per il quale i pensieri più alti in materia non sono stati formulati da fotografi. 

CORAGGIO

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Limburg (2018) Innocenza. Esperienza senza residuo. Che la mente sia fresca all'alba di ogni giorno. Sono queste le condizioni per un percorso davvero creativo.  Ed il coraggio. Quello ci vuole sempre!

CONCETTUALE NON CONCETTUALE

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Utrecht (2018) Io non ripudio la concettualità, anzi... la trovo affascinante. È bello perdersi a volte nel mondo concettuale. Ma la concettualità è teatro, è pantomima, è intrattenimento mentale scambiato per verità, e credo sia importante non dimenticarlo. La verità è sempre oltre le parole ed i concetti. Per questo motivo rimango fermamente ancorato ad un gesto creativo non concettuale.  Cerco immagini che non siano retoriche. Devono solo accompagnare le mie osservazioni, anch'esse concettuali, ma che sono usate come accordatura per ritornare a uno stato armonico.

SAPER VEDERE

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Amsterdam (2018) Nell'era del post-fotografico la qualità dell'immagine non ha più molta importanza. Conta sempre di più il saper vedere, ed è esattamente ciò che a me preme. Ma desidero ancora poterlo vedere attraverso il mio obbiettivo.

SENZA VINCOLI

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Maarssen (2018) Nel processo creativo, dov'è che subentra il pensiero del tornaconto personale? È forse nella stessa scintilla che accende l'intento, nell'idea che devia un corso naturale di eventi, oppure nel momento della fruizione dell'opera, cambiandone di fatto il suo significato più intimo? Ovunque si trovi, il pensiero egocentrico del proprio tornaconto, alimentato come ben sappiamo dalla paura, ha un ruolo importantissimo nel processo creativo, tanto che sembra non se ne possa fare a meno.  Ma cosa succederebbe se noi lo ignorassimo? Se con ferma attenzione evitassimo di pensare al nostro tornaconto? Se non pensassimo più al successo, alla fama, al consenso, alla reputazione e al denaro? Ecco che il gesto diventerebbe davvero creativo, perché libero finalmente da questo vincolo. 

LA LEGGEREZZA DEL CASO

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Utrecht (2018) Lasciamo ancora che il caso faccia la sua parte, non solo grazie ad una pratica creativa non competitiva e priva di tensione, ma anche con una preparazione non ossessiva, sicuramente consapevole e funzionale, ma che non sia asservita a manie di perfezionismo. Limitare i propri strumenti può darci l'opportunità di esplorare nuove possibilità. Usciamo di casa con un solo obbiettivo, magari a focale fissa. Perché non limitare i propri scatti optando magari per una piccola scheda di memoria? Privandoci del lusso di poter raggiungere qualsiasi risultato, saremo naturalmente portati ad esplorare zone della nostra creatività che ancora non conosciamo.

LE PAROLE DEL MAESTRO

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Maarssen (2018) Ci avete mai pensato? Possiamo essere scrittori, poeti, pittori, politici o cantanti, ma qualunque cosa facciamo vogliamo essere famosi a tutti i costi. Perché? Perché in realtà non amiamo quello che facciamo. Se veramente amassimo cantare, dipingere o scrivere poesie, non ci importerebbe affatto di diventare famosi. Cioè: raggiungere la fama è una cosa volgare, stupida, senza senso; ma siccome noi non amiamo quello che facciamo, abbiamo bisogno della notorietà per sentirci soddisfatti. L’educazione che riceviamo è corrotta perché ci insegna ad amare il successo e non quello che facciamo. Il risultato è diventato più importante dell’azione. Sapete, è una cosa buona tenere nascosto il proprio talento, rimanere sconosciuti, amare quello che fate senza minimamente vantarvene. È bello che siate gentili senza che nessuno lo sappia. Questo non vi permetterà di diventare famosi, non farà apparire la vostra fotografia sui giornali. I politici non verranno a bussare a

IDEE CHE CAMBIANO

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Utrecht (2018) Il cambiamento è solo nell'idea. Se osservo il cambiamento nel tempo lineare, mi accorgo che ieri pensavo una cosa diversa da oggi. Questo cambiamento fa si che io mi comporti in modo diverso perché sono influenzato da una nuova idea. Proprio come un vestito che si cambia la mattina, ecco che io vengo percepito diversamente per via della nuova idea che “indosso”. Ma come il corpo che è nudo sotto i vestiti, ecco che l'”Io” rimane lo stesso mentre nuove idee si susseguono. Il vero cambiamento è nel riconoscere questo paradigma di idee che si indossano sopra la nostra assoluta ed immutabile identità.

FOTOGRAFIA CHE SCORRE

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Lagopesole (2018) Ho revisionato i quasi duemila scatti di queste due settimane passate in Italia e penso di aver soddisfatto il mio intento iniziale, l'idea di abbandonarsi al ruolo di testimone, senza secondi fini. Si alternano così immagini di luoghi sospesi, elaborate a volte in bianco e nero, a candid di vita quotidiana colte all'insaputa dei soggetti, per fermare quadri più prossimi alla realtà. Ma l'essenza del lavoro è tutta nel gesto naturale, fluido, senza tensioni. Fotografia che scorre.

DESTINO

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Bruxelles (2018) Credere in un destino è la prerogativa dell'esistenza stessa del destino. Credersi destinati è un atteggiamento verso la linearità del tempo.

MODALITA' FOTOGRAFICA

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Vleuten (2018) La società dei beni di consumo ci suggerisce (o addirittura ci impone) l'utilizzo di una fotocamera, integrata al nostro smartphone, in moltissime occasioni. Sembrerebbe che ogni momento sia giusto per mettere mano al nostro cellulare e catturare un'immagine. La pubblicità ci dice che la vita è piena di momenti speciali da fermare in una foto. Possiamo concludere che la nostra società è formata in larga parte da fotografi compulsivi attivi ventiquattr'ore al giorno. Ecco allora che per praticare una fotografia consapevole occorre fare un passo indietro. Evitare magari gli smartphone ed usare strumenti più impegnativi, che richiedono un controllo maggiore; le macchine fotografiche appunto. Ma non solo... Bisognerebbe anche ritagliarsi dei tempi e dei luoghi per fare fotografia da uno stato "non attivo", cioè entrare in modalità fotografica ed uscirne a seconda delle esigenze.