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Visualizzazione dei post da maggio, 2018

FINE DEL DRAMMA

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La Roche - Morto in scena (2017) Ecco che la luce crea il miracolo dell'apparire riflesso nel vedere. Noi incanaliamo questo miracolo dentro una piccola fessura che ci riconsegna un'immagine capovolta, un disegno di luce. È nuovamente la luce che ci permette di esperire questa testimonianza, che chiamiamo fotografia, mera rappresentazione dell'accaduto, del passato, ma che possiamo sperimentare sempre e solo nel presente, nell'adesso. La fotografia è una metafora bellissima per indagare sulla realtà ultima. Quando l'oceano della consapevolezza si riversa in un punto, dà origine all'essere. Perché la mente è come un foro stenopeico: incanala la consapevolezza e la riflette come coscienza che percepisce il mondo. Ogni percezione è diversa, come le forme accarezzate dalla luce. Ma noi non siamo la forma, noi siamo la luce. Allora posso dire che la verità è solo nel gesto in quanto conseguenza del vedere, e non nell'immagine acquisita. La foto è solo la

LO SGUARDO DEL BAMBINO

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Dreanthe - Mees (2017) I bambini che giocano con una fotocamera riescono spesso a sorprendermi. Dare loro l'opportunità di esprimersi attraverso delle immagini è un esercizio che faccio regolarmente e con risultati sempre stimolanti. Osservando le foto di questi piccoli e avidi scrutatori del mondo imparo ogni volta qualcosa di nuovo sulla composizione, su come quella di un fotografo esperto sia fortemente condizionata e come invece qualcuno privo di preconcetti possa facilmente sondare nuovi territori, seguendo un istinto particolare, perché animato solo dal desiderio di catturare l'esperienza. Ce l'abbiamo tutti fin dalla nascita questo istinto o si è sviluppato a causa delle pratiche mondane di questa nostra società dell'immagine?  Non ho una risposta a questa domanda. I bambini vedono, riconoscono e desiderano fermare il momento, carpire la testimonianza. Da quello che ho potuto osservare, sembra proprio qualcosa di istintivo.  Mi chiedo anche: può la f

LA GRANDE TENTAZIONE

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Londra - Fuori dal pub (2017) Aspiro a vincere una volta per tutte la grande tentazione del fotografo, quella di mentire. Chi intende usare una macchina fotografica deve per forza fare i conti con questa tentazione, che spesso è solo una conseguenza inevitabile del medium, un riflesso involontario. Non sto parlando di chi mente consapevolmente, come nella fotografia commerciale in cui la bugia è commissionata e saper mentire è un requisito richiesto al fotografo. Mi rivolgo invece ai messaggeri di verità o presunti tali, teneri ingenui con le migliori intenzioni, facili prede di questo sottile inganno ottico.  Fotografare senza mentire richiede una predisposizione alla verità, una condizione interiore che accetti la realtà per quella che è, senza alcun desiderio di cambiarla. Solo in totale assenza di tensione, ambizione e desiderio si può forse costringere il nostro obiettivo ad essere davvero obiettivo. Questo non significa ignorare il bagaglio culturale che ci portiamo di

UN VEDERE NUOVO

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Utrecht - La scala del barone (2017)  Grazie all'amplificazione percettiva del rituale fotografico riesco a sperimentare un profondo stato di presenza. Fotografare come esercizio spirituale è una predisposizione ideale per poter isolare e meglio decifrare il significato del gesto. Muoversi in solitario insieme a un terzo occhio (quello della fotocamera) e comprendere nel profondo il senso del testimone e del testimoniare, può diventare la chiave d'accesso a una consapevolezza nuova, incontaminata. È il gesto a chiamarmi per strada, a desiderare di essere colto, usato, amato e trasformato in una nuova percezione, un nuovo vedere. Succede anche questo. Fotografando costruiamo un vedere diverso, confinato dentro le regole dell'immagine ritagliata, ma ricco di nuove intriganti prospettive. Il gesto crea una nuova visione. Il testimone trasforma il testimoniato in una nuova potenziale testimonianza. La fotografia paesaggistica è fortemente pensata e desiderata. Richiede

UNA SCELTA

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Londra - Leicester Square (2017) Ho scelto di accompagnare queste riflessioni sulla mia personale visione del gesto fotografico con alcune immagini elaborate in bianco e nero. La scelta monocromatica è dovuta ad una serie di ragionamenti che in realtà poco avrebbero a che fare con le mie conclusioni. Auspico una fotografia senza pensiero e poi mi perdo nell'elaborazione di un pretesto per giustificare una semplice scelta estetica. Qualcosa allora non torna. In principio ho pensato che il bianco e nero si adattasse al concetto di “semplice gesto”, proprio per via della sua essenzialità. Poi mi sono chiesto per quale motivo dovrei elaborare e quindi stravolgere l'informazione numerica per ottenere l'emulazione di un linguaggio che è rilegato prevalentemente alla fotografia del passato.  Scattando in raw, che non è semplicemente un'immagine numerica ma un pacchetto di informazioni da elaborare, pensavo che l'effetto monochrome (che occupa  uno spazio di memori

CUORE PURO

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Dublino - Indice (2015) La fotografia non produce verità e non pretende di farlo. È il significato di verità che spesso le attribuiamo a darle l'autorità del reale che però non ha. Ma se l'atto di guardare e la pratica di quell'effimero gesto di cui abbiamo parlato verranno perseguiti in purezza e sincerità, allora anche il messaggio potrà essere pieno di queste due qualità. Un “gesto di verità” potrà compiersi. Ben vengano cuori puri ad esperirlo come testimonianza della realtà! Perché la verità appartiene solo a chi la desidera ardentemente. Bisogna sapere destreggiarsi tra le trame della competitività che sono lunghe e tentacolari. Qualsiasi tensione che affiora nell'intento creativo per poterlo legittimare è una conseguenza del pensiero competitivo, innescato dal contesto socio-culturale. Un cuore puro pratica l'equanimità per abbattere le differenze e creare finalmente in totale libertà. E allora il messaggio? Nella società della competizione sfrenata