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Visualizzazione dei post da 2015

RECIPROCITA'

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Firenze - Fotografa di Strada (2015) Riconoscersi nei gesti degli altri, come un'unica grande energia consapevole, questa è la via dell'osservatore distaccato. La competitività può esistere solo nella divisione, uno stato ingannevole che non ci appartiene. C'è un guardare comune, la voglia di scoprire insieme le infinite possibilità dell'immagine, ispirandoci a vicenda. La pratica fotografica da passione per pochi prescelti è diventata il passatempo di una moltitudine, grazie alla rivoluzione digitale e alle fotocamere dei cellulari. In principio questo cambiamento ha turbato la maggior parte dei fotografi nati con l'analogico, me incluso. Oggi invece provo una certa simpatia per chi, come me,  è alla ricerca delle forme e dei colori, anche se magari pecca un po' di ingenuità cercando di esprimersi attraverso un filtro di Istagram. Anche lui, a modo suo, gioca il gioco delle immagini, con nuovi mezzi ed altri obbiettivi, ma il rituale rimane più o meno lo

ASSENZE INGOMBRANTI

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Seggiole (2015) Questa fa parte di una serie di sedie vuote all'aperto, scenografia che attrae la mia attenzione per una serie di motivi. La fotografia è spesso centrata sul soggetto. La sua natura è quella di mostrare una "presenza" che spesso diventa protagonista di una storia. In questo caso si intende sottolineare l'assenza di un possibile protagonista. La storia immaginata assume nuovi aspetti ed infiniti risvolti. Chi era? Cosa faceva? Ma soprattutto, dove è andato? Il fatto che si tratti di sedie all'aperto, spesso su marciapiedi, rafforza l'idea di assenza. La presenza della sedia non è scontata, come invece potrebbe esserlo in un luogo chiuso. Inoltre è a tutti gli effetti lo strumento di un'osservatore, esattamente come la macchina fotografica lo è per un fotografo. C'è quindi una forte corrispondenza tra il fotografo e il soggetto assente, il mutuo interesse per la testimonianza. Mi chiedo se la dipartita del soggetto possa in qualche

TRA LA FOLLA

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Rotterdam - Parata (2014) L'attitudine quieta del "ricevitore di immagini" non è esclusività di una fotografia lenta ed eremitica, fatta solo per scopi paesaggistici o al limite concettuali. Proprio come chi è sulla via spirituale ha bisogno di alternare fasi di pura riflessione con situazioni più mondane, in modo da non perdersi in distrazioni futili oppure rinunciare ad occasioni importanti, con la macchina al collo è bene trovarsi a proprio agio anche in condizioni frenetiche, di rumore, di folla, di caos. A volte è la pura passione (amore) per quello che facciamo che guida il nostro dito sul pulsante di scatto, altre volte è la calma interiore, mai disturbata veramente da quello che succede fuori. Nel caso di questa parata, ricordo di essermi gettato con entusiasmo nella personale sfida di cogliere l'istante della festa, nonostante la folla e il caldo asfissiante. Ho scattato quasi a raffica, ma in libertà, partecipando attivamente all'evento.

STATO DI APPARENZA

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Mondanità (2015) Se è vero che la fotografia ritrattistica ha il potere di richiamare il soggetto allo stato di presenza, che è altrimenti combattuto, nella maggior parte dei casi, tra il passato e il futuro, tra il ricordo e l'anticipazione, è anche vero che durante la ripresa il fotografo è obbligato a partecipare a questo evento e a condividerlo insieme al fotografato. In quel segmento temporale definito dal tempo di esposizione si ha una testimonianza congiunta del presente, che converge inevitabilmente nell'immagine acquisita. L'intesa tra fotografo e fotografato raggiunge un'intimità talmente profonda che solo per via della sua brevità non lascia strascichi emotivi, o almeno non sempre. Questo accadeva forse in passato, quando i soggetti avevano una percezione diversa dell'obbiettivo fotografico che li riprendeva e dell'uso che poi veniva fatto dell'immagine. Nell'era degli smartphones e dei social media la funzione del ritratto è cambiata, s

UN PIACEVOLE PASSATEMPO

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Utrecht - Street Art (2015) Ho scritto che l'uomo trascende il suo "essere creato" attraverso la creazione. In realtà tale necessità nasce da un malinteso, l'idea fondamentalmente sbagliata che l'uomo sia stato creato. Nella sua natura ultima, egli è pura consapevolezza, perciò energia creatrice e non creata. L'errore proviene dall'errata identificazione con il corpo e la mente che ci fa credere di essere stati creati dai nostri genitori o da Dio. Ecco perché nello stato di realizzazione del Sé questa necessità si perde. Questo non vuol dire che si debba automaticamente abbandonare l'attività creativa una volta raggiunta la meta spirituale, ma di certo questa attività, come molte altre, non verrà più percepita come una necessità ma come un piacevole passatempo. La normale operosità della nostra natura di energia creatrice. 

INCASTRI

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Rotterdam - Incastri (2013) Il mio scopo è quello di riconoscere quei momenti in cui ogni cosa si trova al suo posto. In realtà ogni singolo istante è perfetto, ma non tutta la magnificenza della creazione può sottostare alle regole dell'immagine. Le convenzioni estetiche limitano il riconoscimento di questi istanti, e l'individuarli e il registrarli diventa un mero gioco, o almeno è così che io lo percepisco. Spesso è nella banalità dei pochi elementi che si hanno a disposizione che è più facile vedere gli incastri del divino. La semplicità delle cose, il normale via-vai del quotidiano, anche il paesaggio di cemento e gru ferme di questa foto. Cose meravigliose accadono di continuo. Non serve viaggiare lontano per vederle... Saperle riconoscere è il segreto, dall'altra parte del mondo come nel giardino di casa.

IL CELATO

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Malta - Vicolo (2014) Il mostrato definisce anche ciò che è nascosto. L'occhio della consapevolezza conosce il visto ed intuisce quello che non si vede, e tale conoscenza conferma l'esistenza di entrambi. Spesso il non-visto è più importante di ciò che ci è dato da vedere. Non è irraggiungibile, non è neanche lontano... forse è proprio lì che ci attende, oltre quella curva. Non è necessario affrettarsi, non è essenziale scorgerlo, perché il non-visto si nasconde proprio al desiderio di farsi riconoscere. Ma se si usa la fede come un terzo occhio, essa sarà capace di vedere quello che non si mostra, il segreto che ci attende in fondo a quel vicolo.

IMPEGNO CREATIVO

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Praga - Galleria d'Arte (2014) Il modo in cui questo pittore si dedica alla sua attività, nascosto nell'ombra, umilmente, le spalle curve e le mani sporche, mi ricorda il rituale di un impegno sincero, quasi sacro. La battaglia tra ego e liberazione si fa più accanita nell'animo di un artista. Forse è il peso specifico della parola "arte" la causa di questo conflitto, il significato ingombrante che le riserbiamo. Diverso è il nostro atteggiamento nei confronti dell'artigianato, con il quale si ha un rapporto molto più sobrio. Conoscersi come piccole ed insignificanti creature del creato è sintomo di saggezza. Sapersi parte di tutto è la conseguenza dell'amore. Quale merito potremo mai attribuirci per quello che facciamo? Dio ci dona la bellezza e noi rispondiamo naturalmente cercando di emularla. Il nostro desiderio di creare è il modo per trascendere il nostro essere creati. Una sincera e cordiale conversazione con il divino. 

RITORNO ALLE FORME

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Lago Ghiacciato (2010) Le regole di composizione dell'immagine sono un po' come i principi di un libro sacro; per meglio comprenderle a volte dobbiamo romperle, oppure aggirarle. Per aiutare la consapevolezza a riconoscere sia le une che gli altri, spesso è necessario mettersi in dubbio, e in tal modo rafforzare la fede. Mi piace tornare ogni tanto al gioco delle forme, alla regola dei terzi e della sezione aurea, per stimolare quella percezione divina che risponde al richiamo del verbo matematico, la lingua usata da Dio per spiegare l'universo. Anche questa è una forma di preghiera. Trovo che ci sia una splendida armonia nell'apparente caoticità di questi arbusti. Ogni ramo si trova esattamente al suo posto.

POSSIBILI CITAZIONI

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Dublino - Staccionata di Ferro (2015) La citazione è sempre nell'aria. Per un fotografo è sempre nei pressi di una staccionata... E' un modo per "aggrapparsi saldamente" alla forza di un'immagine che ha fatto la storia, e a quel fin troppo rigido messaggio di separazione su cui forse si basa tutta la retorica sulla fotografia, l'apparente divisione tra l'osservatore e il guardato. In realtà non esiste alcuna divisione. Io non sono semplicemente colui che osserva ma lo stesso principio dell'osservare, che non avrebbe luogo senza la presenza dell'osservato. Perciò la staccionata è solo un concetto ingannevole del mondo dualistico, ed è forse giunto il momento di lasciare la presa e liberarsi definitivamente da questa falsa idea. Rimane l'immagine, quale evento non causato.

QUOTIDIANITA'

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Alla finestra (2014) La normalità è un bene prezioso. Accettarla, apprezzarla e infine viverla profondamente è la strada per la serenità interiore. Riconoscere consapevolmente il valore di ogni piccolo gesto della propria quotidianità può essere un esercizio gratificante. Semplici cose, una parola tra amici, una brezza leggera, un momento da soli, magari affacciati alla finestra, osservando... La sofferenza, il malessere e l'odio spesso nascono a causa della nostra erronea osservazione della normalità. Veniamo rapiti da quel senso di inquietudine che è figlio della paura, la paura della nostra inutilità. E allora dobbiamo darci da fare, anche se questo vuol dire introdurre nella nostra vita qualcosa di assolutamente superfluo. Diventiamo schiavi della voglia di fare e disfare, anche e soprattutto quando tutto è a suo posto. Anche se tutto va bene.

NESSUNA APPARTENENZA

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Nessuna Bandiera (2010) Nessuna appartenenza. Nessuna linea guida. Solo una leggera spolverata di consapevolezza del medium fotografico, nei suoi quasi due secoli di storia, senza però esserne sopraffatti. Eliminando le intenzioni, rimane il rituale puro di acquisizione dell'immagine, semplice e senza secondi fini. Ho aggirato i paradigmi dell'espressione artistica collocandomi volontariamente sul gradino più basso, per osservare rapito quello che avviene attorno a me, dentro di me. Alzo gli occhi al cielo ed osservo le nuvole passare. Non ci sono stemmi, effigi, bandiere da sventolare. Oltre le nuvole l'azzurro del cielo è incontaminato. Nella sua vera natura.

LASCIARSI GUIDARE

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Vienna - H.R. Giger (2014) Quando mi reco in una nuova città cerco di saperne il meno possibile della sua storia e delle sue attrazioni. Evito perciò di farmi condizionare da ciò che conosco, lasciando che sia solo il mio occhio interiore a guidarmi. Il sapere è una cosa meravigliosa, ma non esiste sapere più alto dell'auto-conoscenza. Così l'incontro tra obbiettivo ed immagine potrebbe sembrare casuale, perché non programmato, non intenzionale. Ed invece il gesto, essendo fondamentalmente un atto di fede, diventa qualcosa di predestinato. Io preferisco lavorare così.

OMBRE E LUCI

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Amsterdam - Panchina di Notte (2014) La notte come luogo di attesa, scenario di una fotografia lenta, ammaliata dalle luci della città. La mia esperienza di fotografia notturna si manifesta attraverso questo scatto, in cui una panchina vuota è un invito ad accomodarsi davanti alla magia delle ombre e delle luci, mentre la scia di un aeroplano ci ricorda che il mondo continua a correre, nonostante tutto. Rimanere appartati, all'erta, lasciandoci ammantare dalla notte, distanti e distaccati da tutto e da tutti, è la condizione ideale per fare quello che abbiamo scelto di fare: osservare. Forse come in nessun'altra occasione, di notte, la fotografia diventa affermazione di un'inevitabile soggettività. Siamo soli, e non c'è niente da temere.

TRASFORMAZIONE

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Amsterdam - Tramsformazione (2015) La fotografia si trasforma. Ha nuovi utilizzi. Nuovi costumi. Non possiamo più aspettarci che sia quella di prima, e come nella vita, il segreto è fluire con i tempi, cambiare di continuo, come acqua che scorre. Nonostante questo, per me la fotografia continua ad essere un meraviglioso universo da esplorare. Voglio entrarci pacato, in punta di piedi e con gli occhi spalancati. Non voglio perdermi niente, ma se qualcosa andrà perso non varrà certo la pena piangerci sopra. Voglio perdermi nel silenzio delimitato dai quattro bordi di un'immagine, lo sfondo da cui prende forma la storia. In quei momenti riconosco il senso di questo assiduo e a volte compulsivo desiderio di guardare. Si può, si deve poter tornare nel silenzio. Ogni volta. E' laggiù che ha origine tutto il resto.

DA BASSO

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Utrecht - Pendolare (2015) Testimoniare gli affari del mondo, il suo caracollare verso un evidente declino, le sue trappole e i suoi abusi, le falsità dei suoi rituali, accresce la propria forza interiore, un paradigma che funziona anche al contrario. Con la vista di un terzo occhio, mi è permesso di guardare ed ottenere il privilegio di vedere. Il gesto fotografico blocca il corrosivo via vai di una stazione all'ora di punta, che appare deserta ma non lo è. La foto questo non ce lo dice. Ho atteso, con l'atteggiamento ingannevole tipico del fotografico, il momento giusto per isolare un singolo. Perché nonostante la folla, il protagonista assoluto di questo teatrino quotidiano è la nostra solitudine. L'immagine parla di cose già dette, ma non per questo immeritevoli di essere sottolineate. Rimango da basso, nella semi oscurità, un'osservatore distaccato ma presente. Immobile, invisibile. Dimesso.

CONTINUARE A GUARDARE

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Berlino - Sottopassaggio (2014) Tanto viene detto sulla fotografia contemporanea, sui metodi e le abitudini di una massa sempre più numerosa di magazzinieri di immagini, sul narcisismo allo sbando che viaggia in internet e sulla perduta magia dell'analogico. La riflessione sulle mode e sulle metodologie moderne aiuta a ricercare nuove vie, nuovi meravigliosi modi di guardare. Ma nel gioco del trasformismo e dell'accavallamento degli stili, la fotografia non si può snaturalizzare. Alla fine delle parole e dei concetti, troviamo sempre un'immagine che come un milione di altre immagini è stata acquisita e mostrata, magari attraverso percorsi diversi, più o meno pensati, ma comunque capaci di originare una visione. E allora mi va di chiedermi se si fotografa davvero per mostrare qualcosa, o invece lo si fa soprattutto per continuare a guardare. Se è vero che sui social si pubblicano foto non per mostrare il mondo oggettivo ma per rappresentare un'idea di noi stessi, è

UNICA VIA, DUE DIREZIONI

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Unica via, due direzioni (2014)  Leggendo questa immagine non posso fare a meno di pensare al cammino spirituale come unica via possibile e alle due diverse direzioni che esso propone, la ricerca interiore e l'atto di fede. Le due strade conducono al medesimo traguardo, spesso incrociandosi, correndo parallele o addirittura condividendo lo stesso terreno, ma la scelta di quale imboccare è fondamentale.  I due sentieri che sia aprono oltre il ponte illuminato ci appaiono impervi. L'unica cosa di cui siamo sicuri è della via che abbiamo davanti, un ponte solido, invitante, perfettamente definito.  Il sentiero di sinistra, forse quello della fede perché più illuminato e apparentemente più breve, è in realtà quello più arduo. A destra c'è l'oscurità del dubbio, dell'incertezza, il lento incedere verso la verità.  Capire quale faccia al caso nostro è il primo decisivo passo verso la realizzazione.

CONNESSIONI

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Traliccio (2007) Scattare da un'auto in corsa, così come da una finestra, permette di riconoscere più facilmente il proprio ruolo di osservatore distaccato. L'ambiente neutro dal quale si osserva la scena ci aiuta a richiamare quel silenzio interiore che è come una seconda messa a fuoco. Le linee elettriche aeree che corrono parallelamente all'autostrada sono il simbolo delle nostre connessioni virtuali. Siamo ormai legati da fili e da frequenze, più che da impegni e promesse. L'illusione di una rete di amici ci rassicura, per quanto effimera sia la sua natura. L'idea è solida come una struttura metallica, ma la consistenza di queste relazioni è fine, quasi invisibile, come fili tesi sullo sfondo di un cielo che si rabbuia.

DIETRO LE PORTE CHIUSE

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Hallenthal - Interno (2015) Fotografo oggetti nelle case degli altri. Mi affascinano. Mi raccontano quello che avviene dietro le porte chiuse. Ovviamente è pura fantasia, banale interpretazione... ma non lo è anche tutto il resto? Non ci sono allestimenti. Non si tratta di nature morte. Le cose sono esattamente dove devono essere, secondo un ordine predestinato, o più semplicemente deciso dal caso. Bambole e pupazzetti sono soggetti meravigliosi. Ci immedesimiamo nel loro guardare, e inventiamo storie su di loro, animandoli. Sono loro i protagonisti delle case vuote, che poi vuote non sono... o dobbiamo supporre che la presenza del fotografo non conti?

IL CULMINE DI UN'ESPERIENZA VISIVA

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Rotterdam - Stazione (2014) E' perciò la consapevolezza alla base dell'atto fotografico. Consapevolezza della ricerca, del gesto e della selezione. L'esperienza del fotografo infonde significato all'immagine. Il suo semplice apparire la rende importante, perché quell'unica foto simboleggia un intero percorso. Come in questo caso; l'immagine delle due figure dietro il vetro, in una fredda giornata invernale, sintetizza l'esperienza fotografica di quella specifica mattinata, alla quale seguirebbero almeno un centinaio di altre foto scattate nel medesimo contesto. Lo scopo è quello di non rendere necessaria un'esperienza visiva più lunga di un'immagine per carpire la testimonianza del fotografo, e questo è possibile solo riconoscendo consapevolmente il culmine di quell'esperienza visiva. Che in termini tecnici si tratti o meno della foto migliore è un fatto assolutamente secondario.

FOTOGRAFIA CONSAPEVOLE

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Budapest - Cabina Telefonica (2014) Fotografare in modo consapevole è un atto di presenza, e se lo studio è paragonabile alla meditazione, il gesto conclusivo che cattura un'immagine è sempre un gesto d'amore. In questa foto ci sono due soggetti (telefono a gettoni e uomo anziano) appartenenti allo stessa epoca, che sembrano venire sopraffatti dalle scritte e dal degrado, dal tempo e dal cambiamento. La scena è stata allestita dal caso, così come il caso mi ha fatto trovare in quel punto preciso con la macchina puntata. La consapevolezza di quel stavo facendo già esisteva, anche se non era ancora pienamente riconosciuta. Il tempo, che è essenzialmente percettivo, ha fatto il resto. Ho sempre creduto che la natura di questa immagine fosse monocromatica. Mi sbagliavo.

UNA FINESTRA SULLA VITA

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Strada di Lisbona (2015) "Mi ricordo bene lo stare alla finestra e guardare solo lo scorrere della vita", diceva Dorothea Lange, e la frase rimanda ai metodi dell'auto-osservazione e della meditazione così essenziali in un percorso spirituale. Guardare noi stessi dall'esterno, osservare i pensieri e la frenetica attività della nostra mente, inquadrare, selezionare, archiviare proprio come delle immagini questi eventi mentali, è la via per il silenzio. E nel silenzio nasce la consapevolezza.  Da una finestra nel suo senso più ampio (un cavalcavia, un terreno elevato, una posizione privilegiata...) il fotografo osserva lo scorrere della vita e ritagliandola prova a darle un senso. Parallelamente, il cammino spirituale passa per l'osservazione interiore, e la similitudine dei due rituali non è assolutamente casuale. L'attività spirituale è fondata sul guardare, una modalità apparentemente statica ma che in realtà produce grandi cambiamenti. Oltre l'

A PASSO DI DANZA

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L'Aia - In attesa (2015) Le immagini devono riposare prima di diventare fotografie. Il significato latente affiora lentamente come il disegno dell'acqua che scivola sulla pietra. Eppure a volte si riconosce la forza di un'immagine appena la si vede. Ho scattato questa foto pochi giorni fa e sono sicuro che vi sia qualcosa dentro. Ancora non so cosa sia, ma la sensazione rimane. Forse è per il modo in cui la donna si tocca il lato della bocca, come se stesse aspettando qualcuno, oppure pensando di mandare un messaggio. Di sicuro traspare nervosismo, mentre dietro di lei due ragazze sorseggiano caffè nel più totale relax. Ci sono gli elementi di una storia, e questo fa si che la foto possa dire qualcosa. La domanda che mi pongo però è se sia stata consapevolmente voluta. Di sicuro ho visto la donna, che ho trovato interessante fin dal primo sguardo, Ho scattato altre di foto di lei, ma questa è quella più riuscita. No, non ho visto tutti gli elementi della storia e sca

PROTAGONISTI DI STRADA

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Praga - Uomo sul marciapiede (2014) Etica, pudore, rispetto... concetti che cambiano col tempo e l'avvicendarsi delle mode, delle società e dei rituali umani. C'è stato un periodo in cui evitavo di fotografare i mendicanti per non mancare loro di rispetto. Era una scelta coerente con lo schema mentale che l'aveva suscitata. Poi la regola si è piegata ad altre necessità, quelle di sentire il momento e di danzare la mia danza. Nella fotografia di strada i mendicanti sono ormai diventati soggetti inflazionati, e forse la vera ragione dietro la mia scelta di non fotografarli era la paura di cadere nel banale. Ecco che la realtà nuovamente scivola via dalle dita, e l'occhio fotografico rimane condizionato dai rumori di fondo, dalle correnti e dalle tendenze. Le strade sono sempre appartenute principalmente ai mendicanti, ai senzatetto, agli zingari e alle prostitute. Il mio sguardo si sofferma inevitabilmente su di loro, perciò l'incoerenza sta solo nel far finta di

FORME, COLORI, EMOZIONI...

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Ragazza al Mercato di Amsterdam (2015) La curiosità delle forme, il richiamo dei colori, la lettura delle emozioni... Un'immagine può trasmettere molte cose, ma è importante che esista un'armonia che le unisca. L'armonia è il risultato di secoli di convenzione, pura concettualizzazione, niente di reale insomma, eppure può suscitare il divino. La bellezza, la simmetria, il piano aureo, tutte convenzioni della mente che è espressione di Dio, manifestazione e strumento di conoscenza. Creare (o scoprire) l'armonia è un dono spirituale che facciamo fondamentalmente a noi stessi. Questa è una foto rubata al pensiero sognante di una fanciulla. Sta scrivendo qualcosa, una poesia forse, ed è assorta nella ricerca della parola, indossando un'espressione rapita dal desiderio di testimoniare le sue emozioni. Dov'è la linea che separa il gioco dell'ego dall'istinto naturale di manifestare l'amore per la Creazione? La naturale bellezza della ragazza mi ricor

IL GUARDARE INNOCENTE

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L'oceano negli occhi di un bambino (2010) Se avessi gli occhi un bimbo non mi limiterei a vedere ma riuscirei anche a guardare, e nel guardare le immagini verrebbero a me in tutta la loro meravigliosa semplicità. Spesso metto in mano ai miei figli una macchina fotografica e loro riescono sempre a stupirmi. Non rompono le regole dell'inquadratura, perché questo comporterebbe il conoscerle, e non si soffermano a pensare, ma sono totalmente guidati dalla curiosità per il soggetto e dall'entusiasmo della scoperta. La consapevolezza del loro testimoniare è latente, e proprio per questo più spontanea e sincera, un filo diretto tra l'immagine e il CCD che bypassa il ragionamento e le emozioni negative, la paura, la tensione, e gli affari dell'ego. Tornare a guardare come fanno i bambini, meravigliandosi di tutto, è la grande sfida del mio fotografare, ricordandomi ovviamente che la cosa più importante, proprio come per loro, è prenderla sempre come un gioco.

IMMAGINI NATE DALLA QUIETE

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Hannover - Uomo con Ombrello (2014) Il silenzio interiore è un utero materno in cui l'immagine si prepara a nascere. Nel momento in cui il rincorrersi delle idee e degli intenti cessa, finalmente sono in grado di vedere ciò che prima mi era nascosto. Come piccioni che vorrebbero mangiare le briciole di pane dai palmi delle mie mani ma sono intimoriti dalla mia statura e dai miei goffi movimenti, così le immagini sembrano tenersi alla larga dal mio occhio, almeno fino a quando tutto si placa. La fugacità dello sguardo, la tensione del dito sul pulsante di scatto, il desiderio ossessivo di catturare la preda, tutto torna nella fase primordiale di quiete. È proprio allora che l'immagine si forma, nella sua semplicità, ed io non devo fare altro che alzare l'obbiettivo con la massima calma, inquadrare e chiedere mentalmente alla Creazione di essere il suo umile testimone. Non c'è più né tensione nell'operare, né timore che l'immagine possa sfuggire, perché è lei

UN SEMPLICE TESTIMONIARE

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Lisbona - Paesaggio Urbano (2015) Mantenere sopito l'ego continuando a creare è la priorità. Non so se sia davvero possibile, ma ci credo, e forse già questo lo rende possibile. Lasciare parlare l'immagine è il mio intento naturale, e riconoscermi come mezzo e non come autore assoluto è il fondamento del mio fotografare. Io guardo, in quanto presenza, testimone del vissuto, e colgo immagini grazie alla collaborazione di una mente, di un corpo e di uno strumento tecnologico. Il guardato diventa messaggio latente, in attesa di eventuali letture. A questo punto io non posso più farci nulla. La lettura degli altri non m'interessa. La mia rilettura stimola la memoria, aiuta la ricerca, localizza il cammino. Ma è la mia lettura, e non può essere imposta agli altri. C'è un guardare, un pensare, un'agire, ma tutto avviene nell'essere, e il resto sono solo castelli in aria. Rimane poi la testimonianza del mio semplice testimoniare, ed è esattamente quello che sto

UNA, MILLE, UN MILIONE DI STORIE

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Uomo con bastone (2015) Smettere di fotografare sarebbe come smettere di guardare, e l'atto di guardare è per me essenzialmente preghiera. Di ritorno dalle vacanze, con le schede di memoria sature di immagini, mi chiedo a cosa sia servito tutto ciò, e la risposta la trovo facilmente scorrendo il mio lavoro, un lavoro naturale, poco ragionato, fatto di pancia. Foto di amici, di famiglia, di paesaggi, di monumenti e di gente di strada. C'è una logica in tutto ciò? Dov'è la mano dell'artista, il significato intrinseco dell'immagine, il filo conduttore che unisce i punti del disegno? Forse non è compito mio cercare il significato di ciò che faccio con la mia fotocamera, dato che il semplice fatto di usarla è il mio primo e forse solo interesse. E poi provo una sensazione particolare nel riconoscere le foto latenti, quelle che vengono scartate in automatico pur sapendo che c'è qualcosa di più, e che solo il tempo, forse, mi aiuterà a riconoscere. Mi soffermo s

L'INGANNO DEL VERO

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La Signora dei Gatti (2015) Il vero è illusorio. E' la chimera del fotografo di strada, l'ossessione dell'occhio che desidera comunicare ad altri occhi quello che lui vede... quasi il capriccio di un bambino. Gettiamo la spugna subito, e non pensiamoci più. No, non sto dicendo di arrendersi, ci mancherebbe... Il gioco va avanti, l'illusione rapisce, come la pellicola di un film che scorre nella buia sala di un cinema. La storia è pura finzione, ma ormai ci siamo dentro fino al collo. Mi chiedo allora quale sia la sostanziale differenza tra la fotografia allestita e questa pseudo-ricerca del vero che è alla base del reportage e della fotografia di strada. Entrambi sono inganni, solo che il primo è palese, il secondo invece è sottile e forse ancora più ingannevole. Chi ha allestito tutto ciò? Il caso? Dio? Oppure il tuo occhio? La differenza credo sia nella meraviglia della scoperta. Riconoscere la realtà rappresentata come un inganno è il primo passo verso una cre

UN'IMMAGINE PER CONOSCERSI

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La Valletta - Barche (2014) Acquisire immagini e fare fotografia sono essenzialmente due cose molto diverse. Possono a volte andare di pari passo, ma credo che oggi succeda sempre più raramente. Non voglio assolutamente denigrare una pratica per nobilitarne l'altra, ma una minima differenziazione è dovuta. Se da una parte i mezzi tecnologici ci hanno dato la possibilità di acquisire un numero pressoché illimitato di immagini a una definizione più o meno alta, questi da soli non hanno di certo incrementato la nostra creatività. Al massimo l'hanno stimolata, e questa è già una buona cosa. Ma l'esplorare le infinite possibilità del nostro spirito creativo è essenzialmente un atto volto alla conoscenza di noi stessi, e nessuno oggetto, per quanto tecnologico, moderno e meraviglioso, è in grado di fare per noi. Il gesto viene sempre dal nostro intimo. Per questo motivo, come ho scritto già in precedenza, il risultato di questa pratica è un qualcosa di secondario. Serve solo

GIULLARI DI STRADA

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Berlino - Il muro dei bimbi (2014) Quando faccio fotografia di strada ho sempre un occhio di riguardo per la street art, un tipo d'arte che amo molto. Mi piace contestualizzarla nel paesaggio, spesso monocromando l'immagine per separare i due messaggi visivi, il graffito e la foto. Ho iniziato ad avvicinarmi alla fotografia con l'indagine del territorio, uno stile che in qualche modo unisce la fotografia di strada a quella architettonica. Testimoniare il cambiamento urbano di una città è un modo distaccato ma abbastanza oggettivo per comprenderla in profondità e capirne l'evoluzione. Da qui inizia la mia ricerca di una contestualizzazione della street art all'interno della scenografia cittadina, perché il significato di un graffito non può essere unicamente autoreferenziale, ma deve forzatamente instaurarsi all'interno di un territorio prescelto. Il mio click è anche un gesto di empatia nei confronti di chi, passando di lì con i suoi colori, ha lasciato u

UN PROGETTO METODICO

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Arezzo - Orologio Astronomico (2013) Gli Appunti di Viaggio sono un metodo per rivalutare l'operato degli ultimi anni di attività fotografica amatoriale, dal periodo didattico dell'associazione Deaphoto di Firenze, al passaggio alla fotografia digitale durante il biennio vissuto nella provincia di Viterbo, fino alla scoperta della Mindful Photography grazie a un paio di workshops tenuti ad Amsterdam, nell'Olanda in cui ormai vivo da svariati anni. Tre luoghi diversi per tre fasi ben circoscritte della mia storia di fotografo e creativo, da analizzare e rappresentare attraverso un progetto metodico come il format del blog. L'intento è quello di capire le fasi di questo percorso e provare a gettare uno sguardo verso i luoghi che mi aspettano, in un periodo della mia attività in cui non sempre riesco a riconoscere il significato del mio incedere. Il mio percorso spirituale deve necessariamente proseguire di pari passo con quello creativo, una logica apparentemente a

NON LASCIARSI SCORAGGIARE

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Rotterdam - Scorcio Urbano (2013) Nella mia evoluzione di fotografo devo confrontarmi inevitabilmente con almeno tre grandi flussi di immagini che, volente o nolente, influenzano il mio modo di vedere e di riprendere. Le foto commerciali, nelle quali la tecnica e la tecnologia fanno da padrone, regalandoci un realismo spesso sconcertante e una definizione che ammalia e confonde. Le foto dei grandi autori del passato, pietre miliari della storia della fotografia, alle quali è sempre bene ritornare, cercando di contestualizzarle nel presente e spogliarle di tutta la retorica che si portano dietro, per poterle di nuovo vedere per quel che sono. Infine le foto dei social, l'interminabile sequela di momenti congelati dagli obbiettivi degli smartphone, così innaturali e a loro modo conturbanti, con quegli effetti sintetici che sono meri fronzoli di un costume sempre più in voga. Uscire da questa giungla di immagini senza esserne anche solo minimamente scoraggiato non è semplice, cer

SCENOGRAFIE INCONSCIE

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Nijmegen - Al Museo (2013) L'archivio è un luogo silenzioso, in cui immergersi beatamente. Laggiù le immagini acquistano potere, come strani artefatti. È un luogo pieno di sorprese, di ricordi e di occasioni. Mi scopro a girovagarvici rapito, un viaggio nel viaggio in cui tutto ha già un significato, e l'unica cosa da fare è ritrovarlo. L'occhio non guarda mai a caso, ma il caso opera sempre attraverso l'occhio. Tutto rimane registrato in un'immagine, e spesso è necessario del tempo per farne affiorare il senso e finalmente rivelare tutti gli elementi che, per volere cosmico, hanno converso in quel singolo momento. C'è il processo del guardare e del cercare, mentre tutto accade attorno a te ma niente pare attirare la tua attenzione, perché gli elementi ti sfuggono, o forse semplicemente perché il caso non è ancora intervenuto. Poi l'immagine arriva, la vedi, sei pronto e scatti, una serie di gesti simultanei curiosamente semplice, un processo cons

FOTOGRAFO PADRE

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Percival (2015) Crescere i miei figli mi ha dato l'opportunità di sviluppare molte tecniche di ripresa in mezzo ai bambini, conoscere location come i parchi, le altalene e gli scivoli, immergermi nelle feste di compleanno e nelle camerette invase dai giocattoli. Per un amatore credo sia un percorso quasi scontato, ma oltremodo necessario. I risultati sono sempre molto gratificanti, sia dal punto di vista emotivo che da quello prettamente didattico. Testimoniare la crescita dei propri figli attraverso un percorso creativo è semplicemente meraviglioso, un work in progress che non mi stancherà mai. Quando la vita ti offre l'opportunità di combinare passioni, amori e doveri, non bisogna lasciarcela sfuggire. I miei figli mi hanno insegnato anche questo. Nel corso dell'ultimo decennio ho collezionato migliaia di foto dei miei bimbi, tuttavia riescono ancora a stupirmi, ed io riesco ancora a stupire me stesso. Forse per un sorriso nuovo, un profilo sfuggente, uno sguardo d

DAL MOMENTO DECISIVO A QUELLO SFUGGENTE

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Lisbona - Torre di Belem (2015) Mi chiedo se l'approccio pacifico del "testimone" possa trasferirsi nell'immagine evocando un proprio stile. Se la foto trasmette al pubblico la stessa sensazione con cui è stata registrata, al di là dei soggetti e degli argomenti trattati, cioè uno stato di serenità, armonia e soprattutto presenza, allora credo possa davvero garantire uno stile. Di sicuro sarà un coefficiente da tenere in considerazione, non solo durante l'atto fotografico ma anche nel susseguente processo di fruizione. L'occhio del fotografo raramente riposa. Ritaglia immagini del vero collezionando false testimonianze del presente. La foto è senz'altro un esempio calzante se si vuole descrivere il momento, eppure si tratta sempre di un momento innaturalmente congelato. Un momento sfuggente che è mero surrogato della realtà, perché per quanto ci si sforzi, lo stato di presenza che è la causa del "momento" non potrà mai essere descritto ne

TRA IL GUARDARE E IL GUARDATO

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Amsterdam - Pedone (2009) La fotografia di strada nell'era del social è terreno fertile per scomodi equivoci. Non è mai l'immagine che ferisce, né tanto meno il fotografo che è alla nobile ricerca del bello, ma è il soggetto stesso che, sicuro di essere l'unico e il solo proprietario del proprio "io", si auto censura. La mia fotografia non si arrischia quasi mai in questi territori, perché il conflitto è l'esatto opposto di ciò che cerco. Internet, fagocitando immagini come un dio alieno, ci ha reso simili a quelle leggendarie popolazioni indigene convinte che una macchina fotografica potesse rubarli l'anima.  Mi aggiro così tra la gente, abbandonando le spoglie di cacciatore di immagini per indossare le vesti di un sacerdote del testimoniato, in un gioco di rappresentazioni che mi fa un po' sorridere. Troppa concettualizzazione può fuorviare... Alla fine quel che conta è guardare, e felicitarsi nel farlo bene. Perché il guardare e il guard

SPECCHIO PER LE ALLODOLE

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Lisbona - Uomo sulla panchina (2015) La fotografia parlata in cambio di uno tsunami di immagini. Ridurre all'osso la selezione per esplorare a parole il luogo da dove tutto questo nasce. Ho un rapporto particolare con quasi tutte le mie foto: le trovo indiscriminatamente significative ma superflue. Alcune stanno in piedi da sole, ma la maggior parte hanno un senso solo quando fanno parte di un flusso. Il viaggio, sia come metafora che come evento vero e proprio, è spesso il tema principale che perseguo. La luce è un optional che non sempre posso permettermi. La lascio volutamente al caso, ma fa parte dell'atteggiamento di accettazione che è alla base della disciplina spirituale orientale. Il controllo è uno specchio per le allodole. Chi ha davvero controllo? Il muscolo del dito indice sul tasto di scatto o l'occhio attaccato al mirino? Gli eventi cercati o quelli accaduti? La formazione tecnica e culturale o l'innata abilità del saper rompere le regole? Sia come s

FASI DI UNA PREGHIERA CREATIVA

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Medina di Malta - Albero Torto (2014) C'è l'atto fotografico, il lento e piacevole errare con la macchina al collo (anzi stretta nella mano destra), il curioso guardare ritagliando ogni scena ad un rettangolo nella tua testa, la ricerca dei soggetti, degli sfondi, dei colori, dei protagonisti, un felice e profondo coinvolgimento con la scena. E' una sorta di contemplazione liturgica, un rispettoso omaggio al testimoniato. E' senza dubbio l'atto creativo più alto. In realtà potrebbe anche accadere senza scheda di memoria, cliccando liberamente senza bisogno di conservare la preda, e forse lasciare libera l'immagine è tutto quello che resterebbe da fare... o forse no. Tornare a quei luoghi, a quelle scene, nel salotto di casa tua, e guardare tutto da un nuovo punto di vista, quello tecnico, quello condizionato dalle regole dei piani aurei, dai tagli e dalle infinite possibilità della post produzione. Un nuovo modo di esprimere la propria creatività, forse me

INIZIO

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Dal treno, verso Budapest (2014)  Diciamo che è un ritorno al viaggio della creatività, anche se le definizioni mi interessano poco. C'è però bisogno di una spiegazione, che come una matita unisca i punti numerati di un disegno. Più i due numeri corrispondenti distano l'uno dall'altro, più la mano deve rimanere ferma, e allora cerchiamo di rispondere al perché ho sentito il bisogno, dopo oltre due anni di stop, di tornare ad esprimermi come facevo un tempo. C'è stata la calma dopo la tempesta, la necessità di abbandonare le antiche spoglie e ricercare la mia vera natura, che inevitabilmente passa per l'annientamento dell'ego. Continuare a celebrarlo attraverso le quotidiane espressioni comunicative che avevo allestito mi è sembrato davvero inutile. Ero totalmente impegnato in una ricerca interiore, e non volevo distrazioni. Sono passati due anni, quasi tre, e credo di essere giunto al punto in cui mi sento finalmente in grado tornare ad esprimermi tenendo