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Visualizzazione dei post da agosto, 2015

IMMAGINI NATE DALLA QUIETE

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Hannover - Uomo con Ombrello (2014) Il silenzio interiore è un utero materno in cui l'immagine si prepara a nascere. Nel momento in cui il rincorrersi delle idee e degli intenti cessa, finalmente sono in grado di vedere ciò che prima mi era nascosto. Come piccioni che vorrebbero mangiare le briciole di pane dai palmi delle mie mani ma sono intimoriti dalla mia statura e dai miei goffi movimenti, così le immagini sembrano tenersi alla larga dal mio occhio, almeno fino a quando tutto si placa. La fugacità dello sguardo, la tensione del dito sul pulsante di scatto, il desiderio ossessivo di catturare la preda, tutto torna nella fase primordiale di quiete. È proprio allora che l'immagine si forma, nella sua semplicità, ed io non devo fare altro che alzare l'obbiettivo con la massima calma, inquadrare e chiedere mentalmente alla Creazione di essere il suo umile testimone. Non c'è più né tensione nell'operare, né timore che l'immagine possa sfuggire, perché è lei

UN SEMPLICE TESTIMONIARE

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Lisbona - Paesaggio Urbano (2015) Mantenere sopito l'ego continuando a creare è la priorità. Non so se sia davvero possibile, ma ci credo, e forse già questo lo rende possibile. Lasciare parlare l'immagine è il mio intento naturale, e riconoscermi come mezzo e non come autore assoluto è il fondamento del mio fotografare. Io guardo, in quanto presenza, testimone del vissuto, e colgo immagini grazie alla collaborazione di una mente, di un corpo e di uno strumento tecnologico. Il guardato diventa messaggio latente, in attesa di eventuali letture. A questo punto io non posso più farci nulla. La lettura degli altri non m'interessa. La mia rilettura stimola la memoria, aiuta la ricerca, localizza il cammino. Ma è la mia lettura, e non può essere imposta agli altri. C'è un guardare, un pensare, un'agire, ma tutto avviene nell'essere, e il resto sono solo castelli in aria. Rimane poi la testimonianza del mio semplice testimoniare, ed è esattamente quello che sto

UNA, MILLE, UN MILIONE DI STORIE

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Uomo con bastone (2015) Smettere di fotografare sarebbe come smettere di guardare, e l'atto di guardare è per me essenzialmente preghiera. Di ritorno dalle vacanze, con le schede di memoria sature di immagini, mi chiedo a cosa sia servito tutto ciò, e la risposta la trovo facilmente scorrendo il mio lavoro, un lavoro naturale, poco ragionato, fatto di pancia. Foto di amici, di famiglia, di paesaggi, di monumenti e di gente di strada. C'è una logica in tutto ciò? Dov'è la mano dell'artista, il significato intrinseco dell'immagine, il filo conduttore che unisce i punti del disegno? Forse non è compito mio cercare il significato di ciò che faccio con la mia fotocamera, dato che il semplice fatto di usarla è il mio primo e forse solo interesse. E poi provo una sensazione particolare nel riconoscere le foto latenti, quelle che vengono scartate in automatico pur sapendo che c'è qualcosa di più, e che solo il tempo, forse, mi aiuterà a riconoscere. Mi soffermo s