INGANNATORI DEL MANIFESTATO
Fine pausa - Firenze 2019 |
C'è ancora posto per la fotografia di strada? Non si sono già spese troppe immagini per documentare gli usi ed i costumi dell'animale Uomo?
Se il fotografo cerca una storia per “colpire” emotivamente lo spettatore, deve obbligatoriamente giocare sul filo dell'ambiguità, dell'imbarazzo e della contraddizione, mettendo i suoi soggetti nella scomoda posizione di venire giudicati. L'istinto del predatore non abbandona mai il “cercatore di storie”, almeno fino a quando questo obbiettivo non viene lasciato andare. Solo così sarà possibile scoprire un modo nuovo di vedere e raccontare le storie che la strada ci vuole rivelare. L'approccio dell'osservatore compassionevole non ridicolizza i suoi soggetti, ma li accarezza con un gesto gentile, quasi paterno.
Scorrono davanti ai miei occhi migliaia di facce sconosciute, immortalate dai grandi fotografi del passato per dare vita a una narrazione che è sempre, inevitabilmente, superficiale. L'anonimato di queste figure le trasforma in segni, in numeri e in parole che limitano, giudicano e generalizzano. È la storia che il fotografo ha composto che infonde significato a quei volti, per quanto limitata e distorta. È la storia cercata e voluta a tutti i costi, per trovare un senso alla propria esistenza e al proprio agire. Basta un nome accanto alla didascalia per cadere nell'illusione di riconoscersi nel proprio lavoro. Ecco cosa siamo: cercatori di storie, satiri con la fotocamera al collo, ingannatori del manifestato.
Ma se invece di cercare queste storie noi le lasciassimo accadere, libere dal desiderio di afferrarle, e ci sporgessimo con umiltà verso di loro per raccoglierle, in armonia con il mondo, che cosa succederebbe? Forse riusciremo a raccontare una storia che non appartiene solo a noi ma che è di tutti. Forse lasceremo che il cuore, che è attenzione e compassione, parli al posto della mente.
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