CUORE PURO

Dublino - Indice (2015)


La fotografia non produce verità e non pretende di farlo. È il significato di verità che spesso le attribuiamo a darle l'autorità del reale che però non ha. Ma se l'atto di guardare e la pratica di quell'effimero gesto di cui abbiamo parlato verranno perseguiti in purezza e sincerità, allora anche il messaggio potrà essere pieno di queste due qualità. Un “gesto di verità” potrà compiersi. Ben vengano cuori puri ad esperirlo come testimonianza della realtà!
Perché la verità appartiene solo a chi la desidera ardentemente.

Bisogna sapere destreggiarsi tra le trame della competitività che sono lunghe e tentacolari. Qualsiasi tensione che affiora nell'intento creativo per poterlo legittimare è una conseguenza del pensiero competitivo, innescato dal contesto socio-culturale. Un cuore puro pratica l'equanimità per abbattere le differenze e creare finalmente in totale libertà.

E allora il messaggio?
Nella società della competizione sfrenata e dell'affermazione del super-Io sembra che solo il messaggio del più meritevole abbia ragione di imporsi. Ma le regole gerarchiche sono obbligatoriamente esclusive, imposte dal modello di vita. Nel nostro caso, la società consumistica meritocratica occidentale (ormai globale), un messaggio non s'impone per un ipotetico valore universale (esisterà mai?), ma per la sua forza all'interno del sistema di pensiero comune. La società nobilita il messaggio perché soddisfa le esigenze della società stessa.
Quando il messaggio è il prodotto di una mente in armonia, trova necessariamente la sua via verso il mondo. Non importa quale risultato otterrà, se verrà ricevuto, capito, rifiutato oppure contraddetto. Abbiamo un bisogno tremendo di messaggi di verità. Questi potrebbero cambiare il paradigma dominante, far passare le leggi del mercato in secondo piano e permettere alla verità di diventare il requisito fondamentale di ogni esperienza mediatica.
Un gesto incontaminato produce questo tipo di messaggio, che si sostiene da solo e non ha bisogno di convenzioni che lo nobilitino.

La luce è l'origine del vedere, il seme di ogni immagine, involontaria ed incondizionata, accarezza il mondo rendendolo visibile e visualmente riproducibile. Consapevolezza allo stato puro, onnipervasiva, emanata dal sole che nasce alla mattina per morire al tramonto, senza alcun altro fine del nascere e morire giornaliero. Non causato.
E così la luce si adagia su ogni cosa, le fronde degli alberi dalle mille sfumature e il fango incolore delle paludi, perché questa è la sua natura. Senza di lei non esisterebbe il vedere e perciò l'immagine.
L'uomo interviene con il suo strumento dividendo, selezionando, amputando. Esclude il brutto per lasciare il bello, taglia il superfluo per mantenere l'essenziale, esalta i dettagli ed ignora le ombre. Ma la divisione è solo apparente. La divisione è solo possibile nell'unione, e da ogni divisione (di cui la mente è l'artefice) è necessario riunire (con il cuore).
La foto (immagine estratta dalla visione del reale a discrezione del fotografo) ha in sé tutta la potenzialità dell'esperibile visivo, tutto il potere della luce, che è la madre del vedere.

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